lunedì 28 dicembre 2015

Preparativi per capodanno


C’è chi inizia a programmarlo da Pasqua, chi il 31 pomeriggio, chi ogni tanto ci pensa e chi non gliene frega una benemerita ceppa natalizia. Fatto sta che l’organizzazione per il cenone/festa/massacro di Capodanno è sempre un trauma (si, anche per chi non gliene frega un kaiser di tubo catodico di niente, più che altro perché deve subire lo sclero altrui).

Chi siamo?


Da dove veniamo, lo sappiamo. Il fiorino, al massimo, è quello dell’Udu per le manifestazioni studentesche. Decidere chi e soprattutto QUANTI siamo in tempi utili, però, è facile quanto lavorare all’ufficio anagrafe nella foresta pluviale (“Ma non esiste un ufficio dell’anagrafe nella for... Aaaaaaah, era una battuta”).


Dove si va?
Domandone classico. Risposta classica “Boh. A me va bene tutto”. E così inizia la sagra del luogo: estero, fuori regione, montagna, mare, casolare, discoteca, locale, cantina-buia-dove-noi-respiravamo-piano (troppi in poco spazio, l’ossigeno è quel che è). Si fa un sondaggio, si sceglie il luogo. Ok. Chi prenota? Risposta “Eh, vediamo”. Si verrà dunque a verificare la scena in cui si telefona e dall’altra parte della cornetta non ti aspetta Mondial Casa, ma un tizio che in dialetto stretto ti dice qualcosa come “So affittat ggià da Agosto”. E maledici quelli che organizzano capodanno da Pasqua.

Che si magna?
Stranamente, non è quasi mai un problema: Natale e gli strascichi dei cenoni e dei pranzoni sono ottime dispense di cibo ancora buono per esser divorato a capodanno. Al massimo, tra un timballo e una torta salata, vai di pizzette e amen.
Ma è quel “quasi” a smatrare un po’ il precario equilibrio della organizzazione: a chi non piace questo, chi preferirebbe quell’altro. Ma le pizzette piacciono a tutti, quindi bon.

Che si beve?
Alcool. Punto. L’acqua c’è solo per lavarsi il giorno dopo. Questo è l’unico aspetto che ci si sciampa (dal verbo sciampare, ci si leva dalle balle con agilità) con una facilità quasi disarmante.





Buon anno!

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